Il reddito di base nel mondo. Prima parte: Stati Uniti

Iniziamo un viaggio alla scoperta delle sperimentazioni di reddito di base incondizionato in corso in diversi paesi del mondo. Prima puntata: “Il reddito di base negli Usa, soluzioni locali a un problema globale”.

– Lecce, ottiene il reddito di cittadinanza senza dichiarare una condanna: a processo un ex commercialista.

– Vibo, pregiudicati ma con il reddito di cittadinanza: 17 indagati.

– Pavia, furbetti del reddito di cittadinanza: denunciati quattro stranieri.

– Viterbo, centoventimila euro di reddito di cittadinanza senza averne diritto, 12 denunciati.

Mentre scriviamo questa introduzione alla serie di articoli sul reddito di base (19 maggio) sono queste le prime notizie che appaiono su Google cercando “reddito di cittadinanza”.

Se lo avessimo fatto due giorni prima – il 17 maggio – l’intera ricerca sarebbe stata occupata dalla denuncia di Vincenzo De Luca, governatore della Campania: “Non si trovano più camerieri e lavoratori per le attività stagionali, mi hanno detto che per questo alcune attività non riapriranno. Bene, questo è uno dei risultati paradossali dell’introduzione del reddito di cittadinanza. Se mi dai 700 euro al mese e vado a fare qualche doppio lavoro non ho interesse ad alzami alle sei e ad andare a lavorare in una industria di trasformazione agricola”.

In piena crisi economica dovuta dalla pandemia, in Italia, questo è il livello del dibattito e dell’analisi su una misura che, pur piena di malfunzionamenti, ha garantito a un milione di poveri di sopravvivere. La narrazione dei fannulloni è sempre la stessa, fin dal momento in cui si è iniziato a parlare di un reddito mensile a chi non ha lavoro. L’immagine del divano ha riempito giornali e talk show.

Malgrado il dibattito italiano continui a contorcersi su sé stesso, nel resto del mondo il tema di un “reddito di base incondizionato” (slegato dunque dalle sole politiche attive) è entrato nelle agende di molti paesi.

Iniziamo un viaggio che ci porterà a comprendere meglio cosa sta accadendo, chi sono gli attori coinvolti, cosa si sta sperimentando, quale è lo stato del dibattito a partire anche da quanto accaduto nel biennio della pandemia e nel millennio dell’economia digitale.

Partiamo dagli Stati Uniti e, nelle prossime puntate, gireremo l’intero globo. Ad accompagnarci in questo viaggio, Sandro Gobetti del Basic Income Network Italia.

Seconda parte: dal Brasile all’intero Sudamerica?

Terza parte: Il reddito di base in Africa, da aiuto caritatevole a scintilla di sviluppo


Il reddito di base negli Usa, soluzioni locali a un problema globale

Le grandi trasformazioni del lavoro, l’impatto tecnologico, l’aumento delle nuove povertà che comprendono anche coloro che lavorano, la necessità di individuare nuove forme di redistribuzione economica. Temi che non riguardano solo le politiche nazionali, ma che coinvolgono anche le governance locali. L’alleanza di 51 sindaci statunitensi e le proposte verso un reddito di base sganciato dal lavoro.

Tutto è partito da Michael Tubbs, all’epoca sindaco di Stockton, città di circa trecentomila abitanti dello stato della California. Il nome della coalizione: Mayors for a guaranteed income, Sindaci per un reddito garantito. Giorno dopo giorno, la rete si è ampliata e oggi conta 51 sindaci statunitensi. Grandi e piccole città come Los Angeles, Houston, Philadelphia, San Ant…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.