Gli invisibili di Roma

La guerra alle persone senza fissa dimora nella metropoli delle disuguaglianze e il lavoro di chi combatte il disagio abitativo a 360 gradi.

Un arresto cardiaco nell’ora più buia. Due corpi senza vita davanti alla stazione Termini di Roma. È la notte dell’8 marzo e le temperature hanno sfiorato la soglia critica del gelo. Ostia, 11 marzo, un altro cadavere. Il giorno dopo, un altro ancora, il quarto, è rinvenuto nei pressi dei giardini della Casa del Pellegrino nel complesso del Santuario della Madonna del Divino amore a Castel di Leva, negli abissi meridionali di Roma, oltre il recinto di cemento del Grande raccordo anulare (Gra).
La questione dei senza dimora è strutturale nella metropoli delle disuguaglianze. A chilometri di distanza dal Campidoglio o nel centro monumentale dell’urbe papalina, il freddo invernale non fa distinzione tra santi e falsi dei. Stando alla definizione della Federazione italiana organismi per le persone senza dimora (Fio.Psd), gli invisibili delle città «sono soggetti in stato di povertà materiale e immateriale, portatori di un disagio complesso, dinamico e multiforme, che non si esaurisce alla sola sfera dei bisogni primari ma che investe l’intera sfera delle necessità e delle aspettative della persona, specie sotto il profilo relazionale, emotivo e affettivo».
Un coagulo di marginalità e alienazione. L’assenza di una casa e l’estrema precarietà abitativa sono elementi capitali, lo stigma in muratura dell’emarginazione imposta a migliaia di individui. A Roma, secondo i dati forniti dall’Istat, nel 2014 erano circa 8 mila le persone senza dimora. Ovvero circa il 15% degli homeless su scala nazionale. La Caritas, in un report del 2018, ne ha contati 16 mila, includendo nelle sue stime coloro che abitano negli insediamenti informali, in edifici occupati – un centinaio di stabili lungo le arterie di Roma – o in ripieghi fatiscenti. Altri enti presentano censimenti, le cui cifre a tre zeri oscillano vorticosamente per le difficoltà del monitoraggio. Numeri che ballano, a cui il Comune non ha mai saputo mettere una toppa neppure numerica per quantificare l’entità delle sue contraddizioni. Esigenze e bisogni nel macero dell’arbitrarietà politica.

I numeri di una tragedia annunciata
L’Associazione Nonna Roma, che si occupa dei senza dimora, è estremamente consapevole delle falle istituzionali che da svariate decadi rappresentano il marchio stilistico della Capitale. «Il fenomeno si trascina da anni e non è mai stato affrontato in maniera organica e complessiva. Per questo la situazione è drammatica: gli interventi visti fino a ora sono di carattere soltanto emergenziale o stagionale e non vanno alla radice del problema», dice Alberto Campailla, attivista di Nonna Roma. Nell’ultimo report “Dalla strada alla casa” – presentato lo scorso febbraio alla Città dell’Altra Economia davanti a un parterre di amministratori locali e giornalisti – l’associazione ha ricostruito la filiera degli invisibili miscelando diversi indicatori e database sulle problematiche abitative e sociali di Roma. Con un approccio “multifattoriale”. Oltre che con un lavoro sul campo accurato e meticoloso, attraverso la rete mutualistica che da…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.