Insorgere insieme. Studenti e operai uniti nella lotta

La lotta del collettivo Gkn e l’intreccio con il movimento studentesco. Perché per spezzare il giogo della frammentarietà politica ci vuole elaborazione collettiva.

Inventare l’ignoto quando il futuro è un copione già scritto. Lo sforzo di immaginazione è titanico. Dario Salvetti, operaio della Gkn, ne è consapevole. La vertenza dei 500 lavoratori dello stabilimento di Campi Bisenzio è un’impresa titanica. «Rompere con pratiche vecchie e sviluppare convergenze, così da sparigliare le carte sul tavolo e trasformare l’esistente», dice Salvetti al telefono: la sua voce è rotta dal trambusto della fabbrica, un movimento sonoro continuo, perpetuo di corpi e metallo, che da mesi rimbomba nelle gole della provincia di Firenze. Il rumore di sottofondo è quello della rivolta. «Abbiamo fatto e continueremo a fare il necessario per rispondere alle esigenze della nostra lotta». Il necessario è inteso come categoria del titanismo: è un fatto politico che travalica gli steccati della singola rivendicazione e allarga il suo orizzonte alla globalità del conflitto.

Il tentativo del collettivo Gkn – denominazione che rievoca una tradizione consolidata e rinverdita oggi dall’entusiasmo della lotta – è tracciare delle linee che convergano in un punto indefinito della storia. Qui, dove il terreno di scontro è sempre più scivoloso e l’ineluttabilità della sconfitta è un mostro che cova cattivi pensieri, è facile perdersi, disgregare la propria dignità davanti alla possibile disfatta. La crisi del settore automotive, il processo di deindustrializzazione e le conseguenti delocalizzazioni di intere porzioni dell’apparato produttivo tricolore, sono veicoli letterali ed esperienziali per la concertazione a ribasso.
Il sindacalismo e “l’arroganza padronale”. L’arretramento legislativo e materiale sul piano delle tutele e dei diritti. Il Jobs act e la flessibilità in uscita. In molti casi, le battaglie per il lavoro sono naufragate nella schiuma della cassa integrazione e davanti ai portoni chiusi degli stabilimenti dismessi. Il terrore della coazione a ripetere la sconfitta è un trauma difficile da soffocare.

Quindi #insorgiamo per trasformare l’esistente. L’assioma «non è riferito soltanto a noi e alla nostra vertenza ma a tutti coloro che hanno orecchie sensibili», dice Salvetti. «Un processo di convergenza delle lotte, per tutti e tutte. Insieme». Come scrive il collettivo di fabbrica Gkn nel suo libro Insorgiamo. Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo), pubblicato da Edizioni Alegre, «abbiamo visto che per insorgere era necessario convergere. E che non era possibile convergere senza insorgere». Due termini interconnessi, simbioticamente uniti nel rappresentare lo scontro che investe le galassie in fibrillazione della sanità, della formazione, del lavoro. In difesa dell’ambiente contro lo stravolgimento climatico e i suoi artefici, per una società della cura dove nessuno è lasciato solo al suo destino. Contro…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.