La sfida dell’acqua, emblema di un mondo che cambia

La profonda siccità che ha colpito quest’anno l’Italia non dipende soltanto dal cambiamento climatico ma da un’errata gestione delle risorse idriche a disposizione. La crisi idrica è dunque una questione politica. Parla Giulio Boccaletti, esperto di risorse naturali e sicurezza idrica.

Secondo la definizione fornita dall’ISPRA, la siccità è «una condizione meteorologica naturale e temporanea in cui si manifesta una sensibile riduzione delle precipitazioni rispetto alle condizioni medie climatiche del luogo in esame». Si tratta, dunque, di un fenomeno legato a variazioni climatiche che avvengono su scala regionale, variazioni che, in epoca di cambiamenti resi più rapidi dalla matrice antropica, si presentano con frequenza crescente e con scarti di variabilità sempre più ampi rispetto ai valori attesi.

In Italia, il 2022 si è palesato fin da subito come un anno siccitoso: l’inverno è stato caratterizzato da scarse precipitazioni, soprattutto nel Nord del Paese, limitando il riempimento dei bacini idrici naturali – laghi e fiumi – e impedendo l’accumulo di neve nelle regioni montane. Le alte temperature, decisamente precoci rispetto alle medie stagionali, hanno fatto il resto: scioglimento anticipato di nevai e ghiacciai, maggiore fabbisogno d’acqua per le colture, e dunque un anomalo aumento della pressione d’uso su una risorsa già in regime di scarsità.

Di fronte a un’emergenza climatica che, infine, si materializza davanti ai nostri occhi, la domanda che spontaneamente tendiamo a porci riguarda le cause, remote e prossime, di questa grave mancanza d’acqua: se fiumi e falde sono vuoti è davvero ‘colpa’ del cambiamento climatico?

La risposta non può essere univoca. E a spiegare il perché è Giulio Boccaletti – esperto di risorse naturali e sicurezza idrica, ricercatore onorario alla Smith School dell’università di Oxford e autore del libro “Acqua. Una biografia” (Mondadori, 2021) – il quale insiste sulla complessità delle condizioni che hanno concorso a far sì che la crisi idrica divenisse effettivamente realtà.

Che quest’ultima dipenda direttamente dalla crisi climatica globale (di cui, ricordiamo, l’Italia è individuata come hotspot di vulnerabilità) è innegabile; ma questo è solo un lato della medaglia. Come spiega il ricercatore, infatti, «la questione idrica si compone di due problemi: uno è di origine climati…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.