Trent’anni senza Nina Simone: la sua grande eredità artistica, civile e politica

La “grande sacerdotessa dell’anima” non è stata solo una delle più grandi interpreti jazz ma ha messo tutto il suo talento al servizio della lotta contro la discriminazione degli afroamericani e delle donne.
Nina Simone

Man mano che il blues si diffondeva, veicolato anche dalle radio, la comunità dei neri d’America trovò un formidabile mezzo di comunicazione per le proprie rivendicazioni. Le canzoni erano contenitori ricchi di temi quali uguaglianza e integrazione, sofferenza e dolore. Le grandi cantanti blues come “Ma” Rainey, Bessie Smith, Billie Holiday e molte altre avevano una conoscenza profonda e personale del mancato conferimento della dignità agli afroamericani, che trasformavano in melodie intime e viscerali. Nelle loro musiche esprimevano compiutamente la propria esperienza blues e intercettavano i bisogni della loro gente, che provava per loro una devozione quasi religiosa. Ma, oltre a dare voce al tema della discriminazione razziale, esprimevano anche la consapevolezza del lungo, impervio cammino ancora da percorrere per l’emancipazione della donna, cammino che loro stesse non si sottrassero dal compiere. Negli anni Sessanta ne raccolse il testimone Nina Simone. Il suo corpo, la sua voce e l’espressione del suo volto parevano produrre una narrazione parallela alle sue canzoni, raccontavano storie di cui la musica non era soltanto semplice e perfetta colonna sonora, ma diventava parte integrante di quel cammino di rivalsa, ne era elemento fondante. Il suo vero nome era Eunice Kathleen Waymon ed era nata il 21 febbraio 1933 nella Carolina del Nord, terra di drammatiche contraddizioni, dove si registrava la permanente negazione di diritti essenziali alla comunità nera cui apparteneva.

Sesta di otto fratelli di una famiglia molto povera e religiosa, manifesta il suo talento per la musica fin da bambina, quando inizia a suonare e cantare in chiesa insieme alle due sorelle nel sodalizio Waymon Sisters. Comincia a prendere lezioni di piano già a tre anni e a sei si approccia a una formazione musicale decisamente classica. La comunità nera scommette su di lei, tanto da metter su una fondazione con il solo scopo di garantirle di proseguire i suoi studi musicali nella lontana New York. I suoi membri lo fanno perché in quel talento naturale intravedono l’occasione per un riscatto collettivo. Eunice, ispirandosi a Billie Holiday, comincia a suonare come cantante e pianista nei club della Grande Mela e sterza decisamente verso un jazz connotato delle venature dei suoi studi classici, dove fanno capolini stilistici pure le sue radici soul, blues, folk, gospel. Durante questi suoi primi passi sul palco prende il nome di Nina Simone: Nina, dallo s…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.