Delegittimare il dissenso a sinistra non favorisce la giustizia sociale

Nell’attivismo per la giustizia sociale in Occidente si è fatta strada una strategia censoria, più o meno intenzionale, che consiste nel collegare ogni forma di dissenso alla “vicinanza con l'estrema destra”. Ne sono vittime innanzitutto le femministe quando provano a criticare certi tratti misogini dell’attivismo LGBT, o l’approccio normalizzatore verso l'industria del sesso e altri temi. Questo modo di fare segue due logiche delegittimanti: ogni contro-argomento proverrebbe da un luogo moralmente sbagliato, e ogni presunta critica sociale sarebbe in realtà una teoria della cospirazione. Un modo efficace, scrive la studiosa Ester Kováts, per tappare la bocca a chi la pensa diversamente e negare ogni possibilità di dibattito.
Giustizia sociale

Nel suo programma satirico del venerdì a tarda notte, ZDF Magazin Royale (pensate a John Oliver), l’emittente pubblica tedesca ha recentemente affrontato la controversia relativa a una proposta di legge sull’autoidentificazione di genere, in base alla quale le persone con identità trans potrebbero cambiare il proprio sesso legale senza una valutazione psicologica o medica preliminare. Il moderatore, Jan Böhmermann, ha ridicolizzato tutte le argomentazioni contrarie sollevate in nome dei diritti delle donne e degli spazi monosessuali, affermando che si tratta solo di transfobia mascherata da preoccupazione per le donne. Ha paragonato Alice Schwarzer, una figura emblematica del movimento femminile della Germania occidentale della seconda ondata, all’estrema destra e ha applicato l’espressione attivista TERF (“trans exclusionary radical feminist”) a coloro che hanno espresso dubbi sulla legge.

Forse la sua affermazione più sorprendente è stata: “È da tempo che la scienza è concorde nell’affermare che esistono più di due sessi biologici“. Anche se gli individui intersessuali costituissero un sesso biologico a sé stante (cosa che, mancando di un terzo gamete, non avviene), ciò non renderebbe il sesso uno spettro. Le rivendicazioni di integrità corporea delle persone intersessuali vengono abitualmente strumentalizzate per legittimare qualsiasi rivendicazione di identità trans e queer.

Lo spettacolo ha cestinato tutti i critici, mettendo in dubbio con arroganza le loro credenziali femministe, sottintendendo che la posizione femminista corretta, secondo Böhmermann, era quella di sostenere la legge senza riserve. Il suo “parlare di femminismo alle donne” non serviva però a convincere i dissenzienti, ma a delegittimarli di fronte a qualsiasi spettatore: nessuna persona rispettabile poteva avere tali opinioni, poiché provenivano chiaramente dall’estrema destra.

Questo spettacolo, visto da milioni di persone, illustra la principale strategia discorsiva di un attivismo censorio di giustizia sociale in Occidente, che va oltre le questioni di genere. Che ciò avvenga intenzionalmente o meno, collegare il dissenso all’estrema destra ha due logiche delegittimanti: ogni controargomento proviene da un luogo moralmente sbagliato e ogni presunta critica sociale è in realtà una teoria della cospirazione.

Questo episodio della ZDF non è neppure estremo o raro. Ad esempio, il recente rapporto dell’organizzazione transgender TGEU, con sede a Bruxelles, descrive i movimenti anti-gender di destra e le femministe critiche di genere nello stesso modo; altre associazioni di beneficenza pro-trans accusano queste ultime addirittura di

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

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Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.