Federico Fellini, il grande artista di un’Italia in attesa di nascere

I 30 anni dalla morte di Federico Fellini sono un’occasione per fare il punto sulla sua arte. In particolare, è il momento giusto per analizzare il forte legame fra il suo cinema e quello di Roberto Rossellini.

Perché Federico Fellini sarebbe un Maestro, più di tutti gli altri maestri? Perché risulta difficile da incasellare, all’interno di un auspicabile disegno storico-critico aggiornato del cinema italiano? E infine, nonostante la capacità di realizzare potentissimi affreschi sulla civiltà italiana e occidentale, per quale motivo Fellini non sarebbe in nessun caso un regista politico?

Di lui così disse infatti Elio Petri, il grande autore di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto: «Fellini filtra tutto attraverso il suo protagonismo. La mediazione della memoria è qualcosa di molto serio, intendiamoci. Però la sua indifferenza per la politica è esagerata. Sfogliando la sua recherche, Fellini si ricorda dei fascisti come dei vecchi zii un po’ ubriaconi e prepotenti e basta. Pochino. Carino. Ma pochino».

All’interno della cultura cinematografica italiana, la questione cardine rimane questa, l’impegno. Nel caso in questione, la capacità di Fellini di essere all’altezza non tanto del neorealismo come poetica in sé, quanto della capacità di incidere nel tessuto sociale, e politico ancor di più, che il neorealismo seppe proporre e manifestare. Basti pensare alla celeberrima “i panni sporchi si lavano in famiglia” di Giulio Andreotti nei riguardi dell’Umberto D di Vittorio De Sica.

L’interrogativo, insomma, è il seguente. Il valore storico del neorealismo è presente nel cinema di Fellini? Oppure, è evaporato, lasciando spazio a fantasmi personali e deformazioni private? Goffredo Fofi, scrivendo su Il conformista di Bernardo Bertolucci, rimproverava la visione del fascismo inteso non quale periodo e momento storico dati, ma «mondo non storicizzato dei padri».

La non-storicizzazione del fascismo, tipica di parte della cultura italiana. Il fascismo, si pensi ad Amarcord, appare allora uno spazio mitico, dove il maschile e il femminile italiani si posizionano all’interno di una visione conciliata dell’ethos nazionale, in cui la fisicità materna della donna si accomoda lungo un asse antropologico di cui l’uomo, tra il beato e l’inquieto, gode assolutamente. Il fascismo altro quindi non sarebbe che la mascherata più o meno involontaria di tutto ciò.

D’altra parte, Petri così continua su Fellini: «Fellini è medianico. Dunque, i fantasmi che evoca vengono di lontano, dal suo inconscio, che è anche il nostro, proprio perché lui è un medium. Infatti, per uno strano effetto, dei suoi film si ricorda più la società, cioè una collettività, che l’individuo. Il suo personaggio si affoga e si sperde nel labirinto sociale. In questo senso, Fellini è il più politico di tutti gli autori. I suoi film sono una rappresentazione delle nostre malattie…

“L’Ucraina è il campo di battaglia su cui si gioca il futuro dell’Europa”. Intervista a Karl Schlögel

In un’intervista esclusiva rilasciata a margine della presentazione all’Ehess di Parigi del suo nuovo volume in francese sulla guerra in Ucraina – “L’avenir se joue à Kyiv. Léçons ukrainiennes” (“L’avvenire si gioca a Kiev. Lezioni ucraine”) –, lo storico tedesco Karl Schlögel evidenzia l’importanza per l’Europa della guerra di liberazione dell’Ucraina. “È il popolo ucraino, attaccato dalla Russia neo-totalitaria e dal russofascismo, a resistere in prima linea per l’Europa. Combattendo per la sua libertà, difende anche la nostra”.

La Bestia del nuovo fascismo. Intervista a Paolo Berizzi

Paolo Berizzi, giornalista di “Repubblica” che da anni conduce inchieste sul nuovo fascismo, ha recentemente pubblicato per Rizzoli il libro “Il ritorno della Bestia. Come questo governo ha risvegliato il peggio dell’Italia”. Il ritorno della Bestia non coincide con quello del fascismo storico ma con quello di un fascismo nuovo, pop, che però con il primo condivide alcune caratteristiche, le peggiori che l’Italia abbia espresso e continua a esprimere. Ne parliamo con l’autore, che vive da anni sotto scorta in seguito a minacce di gruppi neofascisti e neonazisti.

Libia, un Paese instabile alla mercé degli interessi stranieri

Il 16 maggio 2024 ricorre il decimo anniversario del lancio, da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, dell’offensiva chiamata Operazione Dignità. Con l’occasione ripercorriamo le tappe fondamentali del decennio appena trascorso per contestualizzare lo stato attuale della Libia. O meglio, delle Libie.