1° maggio a Taranto con Michele Riondino e gli operai dell’Ilva

Che significato ha la festa dei lavoratori in una città come Taranto, dominata dall’ex Ilva, dove i lavoratori dello stabilimento siderurgico hanno un’incidenza di tumori del 500% superiore ai loro concittadini?

Il 1° maggio a Taranto. Sotto gli altiforni dell’ex Ilva, la più grande acciaieria d’Europa. Un polmone che sputa anidride carbonica e minerali da oltre sessant’anni, tenuto oggi artificialmente in vita da un semplice macchinario, frutto dell’ingegneria politica e imprenditoriale tricolore. Acciaierie d’Italia Holding è la neonata società partorita da Arcelor Mittal e da Invitalia, l’agenzia governativa per lo sviluppo d’impresa, che ha messo sul tavolo 1 miliardo di euro, diluito in due anni, per rilanciare l’impianto siderurgico. 

Il 1° maggio, quindi, in una città sormontata da una fabbrica, la cui metà, oggi, è di proprietà dello Stato, anche se nel 1995 il plauso delle istituzioni benediva la vendita, chiavi in mano, alla famiglia Riva. O l’“Uno maggio”, peraltro “libero e pensante”, come ribadisce più volte Raffaele Cataldi, operaio in cassa integrazione dal 2018 a 800 euro al mese. Il riferimento è alla festa dei lavoratori –  “alternativa” alla kermesse musicale romana promossa dai sindacati confederali – che negli anni passati ha fatto il pienone nella città pugliese con decine di migliaia di persone. 

Cataldi è dentro il sistema arzigogolato dell’acciaio tarantino dal giugno del 1997 ed è stato sballottato in diversi reparti dello stabilimento. Il suo tono è combattivo, non assuefatto alle evidenze quotidiane che contaminano l’esistente. “Questo sarà un 1° maggio di lotta, dove convergeranno le battaglie e le vertenze ambientali di tutto il Paese: dal movimento No Tav agli attivisti No Tap, un confronto virtuale con tavoli di dibattito per immaginare un futuro diverso, non solo per Taranto ma per tutti i territori sotto attacco”, spiega l’operaio. “Inoltre, quest’anno, vogliamo esprimere solidarietà a tutti coloro che stanno pagando il conto salato della crisi economica causata dalla Covid-19”. Con un occhio ai professionisti dello spettacolo, “privi di ammortizzatori sociali e senza un’adeguata risposta da parte delle istituzioni” secondo quanto denuncia il comunicato stampa della manifestazione che annuncia l’annullamento del concerto per l’edizione 2021. Un ge…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.