Milei, dopo la favola dell’anti-casta è arrivato il brusco risveglio

In campagna elettorale Javier Milei si era presentato come il paladino della lotta ai privilegi della casta a favore del popolo. Ma già poche settimane dopo la sua elezione i nodi sono venuti al pettine: in barba alla sbandierata lotta ai privilegi, a beneficiare delle sue misure fatte di privatizzazioni e deregulation ambientale sono soprattutto i potentati economici del Paese. La nuova presidenza inoltre strizza l’occhio alla riabilitazione dei torturatori della dittatura mentre le epurazioni ai vertici militari fanno temere che si prepari la strada a una nuova svolta autoritaria.

Era stata il bersaglio di tutti gli attacchi di Javier Milei in campagna elettorale: la famigerata “casta”. Sarebbe stata questa, prometteva El loco, a pagare le politiche di aggiustamento del suo governo, non certo la classe lavoratrice. E la popolazione argentina, impoverita e arrabbiata, a questa inverosimile promessa aveva deciso di credere, vedendo nel candidato anarco-capitalista una chance, per quanto disperata, per il Paese. 

Il risveglio, però, non ha tardato ad arrivare: non solo l’odiata casta ha mantenuto salda la presa sul nuovo governo, ma le misure emanate da Milei sono destinate tutte a beneficiare i soliti potenti. Non a caso i più grandi imprenditori del Paese, riuniti nell’Asociación empresaria argentina, avevano tributato applausi convinti al mega-decreto di necessità e urgenza (Dnu) sulla deregulation e le privatizzazioni entrato in vigore il 29 dicembre – con la modifica o abolizione di più di 300 leggi relative a diversi settori dell’economia – parlando di «un’occasione storica».

«Apprezziamo in maniera particolare – recitava il loro comunicato – che il governo adotti misure rivolte a consentire il più pieno sviluppo del settore privato, sottomesso per anni a ingerenze statali indebite, a controlli dei prezzi, a un’elevatissima pressione tributaria, a restrizioni arbitrarie in materia di commercio estero e a minacce come la legge sull’approvvigionamento» (quella, derogata dal decreto, che assicura quote di beni al mercato interno).

Alle prese con una crisi sociale asfissiante, con un’inflazione brutale, con l’aumento incessante del costo della vita, con l’impossibilità di pagare affitti sempre più cari, il popolo argentino – metà del quale arriva a fatica alla fine del mese, mentre un terzo neppure ci riesce – dovrebbe tuttavia dormire sonni tranquilli: Milei ha già garantito che due terzi dei progressi promossi dalle sue attuali politiche si renderanno visibili fra 15 anni. Per quell’epoca, ha detto, la popolazione godrà di un «reddito pro-capite 10 volte più alto» e l’Argentina sarà diventata uno «dei Paesi più ricchi del mondo». 

Intanto, però, dopo soli 45 giorni dall’insediamento, Milei ha già dovuto far fronte a uno sciopero generale: un record che difficilmente qualcuno riuscirà a togliergli. Neppure Fernando de la Rúa, che aveva dovuto affrontarlo dopo tre mesi (e si sa come poi sia finita), era riuscito a fare meglio.

Un record legato al programma di aggiustamento portato avanti dal…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.