Carlo Rosselli e le sue teorie economiche

Carlo Rosselli è conosciuto soprattutto per la sua filosofia politica e la sua attività antifascista. In questa sede ci vogliamo però strettamente concentrare sul suo pensiero economico, inizialmente influenzato dal suo maestro Gaetano Salvemini, da cui comunque si saprà discostare. Nel pensiero economico di Rosselli grande rilevanza è assunta dal ruolo dei sindacati e da quello degli operai, chiamati a diventare compartecipi delle decisioni in ambito produttivo.

Quando penso a Carlo Rosselli penso a vite spezzate, a intelligenze vivissime soffocate e travolte dal fanatismo socialdemocratico o dal fascismo, come quelle di Rosa Luxemburg, di Jean Jaurès, di Piero Gobetti, di Antonio Gramsci.

Gli esordi di Carlo Rosselli descrivono una parabola opposta a quella di Luxemburg. Se in quel caso possiamo parlare di ostilità agli ideali nazionalistici e di pacifismo, qui dobbiamo mettere in evidenza l’interventismo democratico del giovane Rosselli. La battaglia che si preparava era l’occasione del riscatto di una nazione rispetto al dominio austriaco e un’occasione imperdibile per completare il processo di unificazione nazionale. Alla guerra la famiglia Rosselli sacrificherà il figlio maggiore, Aldo, morto in battaglia nel marzo del 1916. D’altronde Carlo Rosselli non era marxista e non lo sarà mai: su questo non v’è dubbio. Tuttavia, le distanze tra Rosa Luxemburg e Carlo Rosselli forse sono meno siderali di quello che si può credere.

Gli anni del dopoguerra sono gli anni della formazione. Bisognava recuperare studi più pregnanti di quelli che poteva avergli offerto la scuola professionale cui l’aveva indirizzato la madre. Ma bisognava anche correggere l’idea malsana e malnata di una guerra levatrice di un’umanità coraggiosa. Il lavacro c’era stato, ma di morte e sofferenza. La guerra era ormai – con Adolfo Omodeo – quel “mitico dardo d’Artemide” e quel “destino cieco” da cui affrancarsi.[1] “La verità è che nel ’20, con la ‘distruzione delle speranze’ avvenuta in guerra e la sconfitta sempre più chiara dell’interventismo democratico, si fa strada un profondo ripensamento in Rosselli, che (…) giunge alla condanna di quella guerra cui pure ha partecipato con entusiasmo e alla comprensione dei motivi che hanno spinto i socialisti al neutralismo”.[2]

Nella primavera del 1920 Rosselli conobbe Gaetano Salvemini e quell’evento, insieme alle frequentazioni con Turati e Treves, costituisce il più significativo di quel periodo. Salvemini rappresenterà per lui sempre un saldo punto di riferimento, anche se non mancherà di esprimere giudizi difformi da quelli del maestro. Sin da subito. La tesi di laurea di Rosselli sul sindacalismo europeo del luglio 1921 fu tempestata di critiche feroci da Salvemini, che però non si astenne dal lodare la capacità non comuni dell’autore di affrontare tematiche così difficili.

La figura di Rosselli si presta a molteplici osservazioni di carattere storico, politico e anche umano se è possibile, per il semplice fatto di avere sacrificato la sua vita a un ideale. Egli sapeva benissimo i pericoli cui si esponeva sia quando sfidava a muso duro il fascismo, che già aveva commesso omicidi efferati, sia quando andrà a combattere in Spagna in difesa della Repubblica. In questa sede ci soffermeremo però su un aspetto particolare: il s…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.