MicroMega+ del 1° marzo 2024

Con contributi di: Pierfranco Pellizzetti, Igor Burdyga, Silvia Cegalin, Claudio Marradi, Martina Ucci e Fabio Armao.

Redazione

Questa settimana parliamo di:
l’assuefazione al Male che ci circonda; i prigionieri ucraini nelle mani dei russi; la repressione sistematica dei kurdi da parte dei turchi; il genocidio degli yazidi; accoglienza e integrazione in Uganda; Putin e la sua guerra capitalistica.

ZEITGEISTIl Male come normalità di Pierfranco Pellizzetti
Giorno dopo giorno ci stiamo assuefacendo all’oscena visione del Male: la prevaricazione e l’umiliazione percepite come normalità. Da una parte Putin e la schiera delle sue vittime, dall’altra Netanyahu che tratta i palestinesi come bestie da macello. Chi ci salverà da tutto ciò? Non la plutocrazia americana, che attualmente vede in Julian Assange il suo agnello sacrificale; non l’Europa, lontana dall’essere un sistema democratico e federale. Bisogna cominciare da nuove parole, guardando alle lezioni dell’Illuminismo e al paradigma keynesiano.


REPRESSIONE Prigionieri civili ucraini in Russia: un destino in bilico di Igor Burdyga
Migliaia di cittadini ucraini sono stati fatti prigionieri dalle forze russe. Non possono comunicare con avvocati e familiari, non hanno possibilità di ricorrere in appello o di essere oggetto di scambi di prigionieri. Quale sarà il loro destino?


La Turchia non smette di perseguitare il popolo kurdo di Silvia Cegalin
In regimi come quello turco le minoranze subiscono numerosi tipi di persecuzione, e sono costrette a vivere in povertà e in condizioni precarie. Yilmaz Orkan, responsabile di Uiki-Onlus – Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia, racconta in questa intervista i tanti aspetti dell’oppressione strutturale esercitata storicamente dai governi turchi nei confronti del popolo kurdo. Un’oppressione dai tratti ancora più feroci negli ultimi decenni: Erdoğan sta facendo di tutto per rendere il Kurdistan una terra invivibile.


IL REPORTAGEFigli di un dio minore. Reportage dalla terra degli yazidi di Claudio Marradi
Vittime designate dell’Isis, seguaci di un culto millenario e ancora misterioso per i più, bersaglio dalla notte dei tempi di tentativi di genocidio, cancellazione e persecuzione, le sorti degli yazidi o ezidi rappresentano perfettamente la condizione di crocevia dei destini dell’umanità del territorio dell’antica Mesopotamia, dove tutte le cose del mondo sembrano succedere.

INTEGRAZIONE In Uganda i profughi si sentono molto più accolti che in Europa di Martina Ucci
Un tempo l’Uganda era un Paese di transito lungo le rotte migratorie. Chi emigrava dal sud dell’Africa verso Europa e Stati Uniti non avrebbe mai immaginato di trovare lì una nuova patria. Ma grazie ad accorte politiche d’integrazione, che sostanzialmente equiparano gli stranieri ai cittadini locali, il Paese centrafricano ha costruito un sistema modello per l’accoglienza.


IL LIBROPutin, l’alfiere di una guerra capitalistica di Fabio Armao
Pubblichiamo un estratto dal libro “Capitalismo di sangue. A chi conviene la guerra” di Fabio Armao, pubblicato da Laterza a gennaio 2024. Qui, l’autore riflette su come l’invasione dell’Ucraina vada considerata, insieme con altri conflitti di questo tempo, come una conseguenza della globalizzazione fuori controllo; essa si inserisce nel filone delle ‘nuove guerre’, che vedono protagonisti – insieme alle forze armate tradizionali – mercenari, terroristi, mafiosi e nelle quali la logica privatistica del mercato si fa gioco delle ideologie. Un quadro nel quale Putin rappresenta l’alfiere di una guerra in tutto e per tutto capitalistica.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.