Lavorare per gli algoritmi / Prima puntata (PODCAST)

Nel “lavoro di piattaforma” in aziende come Amazon e Deliveroo tempi e retribuzione sono decisi da algoritmi. Tra precarietà e nuove forme di sfruttamento, le testimonianze di lavoratori ed esperti del settore: “Serve un nuovo contratto sociale per tutelare di più i lavoratori”.

Seconda puntata – Il lato oscuro degli algoritmi
Gli algoritmi non sono “super partes” ma possono offrire risposte parziali che amplificano i pregiudizi della nostra società. Nella seconda puntata di questa serie di podcast indaghiamo i potenziali pericoli nell’utilizzo degli algoritmi.

Terza puntata – Algoritmi e social network
Dall’uso poco limpido dei dati raccolti alla manipolazione del dibattito provocata dagli algoritmi di ranking, Facebook e gli altri social network sono sotto accusa. In questa terza puntata del nostro podcast analizziamo come funziona “il capitalismo della sorveglianza” delle grandi aziende del web.

Quarta puntata – Algoritmi: il nostro futuro si scrive in Cina
Il giornalista Simone Pieranni ci illustra luci e ombre di tecnologie all’avanguardia che in Cina sono già realtà.


Gestire o combattere le macchine? Dalla rivoluzione industriale questo è uno dei grandi temi e oggi si ripropone con gli algoritmi, che gestiscono tanti aspetti della nostra vita, a volte anche a nostra insaputa. Nella prima puntata di questa serie di podcast parliamo di quello che viene definito “lavoro di piattaforma”.

La discussione intorno a questa tipologia di lavoro si divide tra chi è per il boicottaggio delle aziende come Amazon e Deliveroo e chi chiede il rispetto dei diritti, con altri carichi di lavoro.

Antonello è un rider, ha scelto di fare questo lavoro nel 2016, quando le piattaforme avevano una paga oraria e c’era maggiore supporto. “Oggi tutto è diverso, ogni azienda ha fatto dei cambi nei pagamenti ma alla fine tutte sono arrivate al cottimo”, racconta nell’intervista fatta in pausa tra una consegna e l’altra. Uno dei problemi è che il cottimo è stabilito sulla durata stimata di consegna e non sui tempi effettivi, e il tutto viene calcolato da un algoritmo. “Se la previsione è di 25 minuti e tu ce ne metti 40 per problemi che non dipendono da te, sempre 25 minuti ti pagheranno” commenta Antonello che aggiunge: “A volte mi chiedo se questo sia davvero un lavoro visto che per qualsiasi problema posso parlare solamente con una chat”.

Tra chi è favorevole a una gestione diversa di questa tipologia di lavoro ci sono Antonio Aloisi e Valerio De Stefano, entrambi docenti universitari di diritto del lavoro e autori del libro “Il tuo capo è un algoritmo”, edito da Laterza.

“Sul piano collettivo c’è bisogno di un nuovo contratto sociale con aziende e sindacati, che trattino su come poter aumentare la produttività grazie alla tecnologia ma anche come tutelare di più i lavoratori” commenta Aloisi che aggiunge: “sul piano individuale invece con la pandemia e lo smart working abbiamo compreso che la produttività non dipende dal controllo tossico e maniacale dei dipendenti e dovremmo promuovere l’autonomia di quest’ultimi”.

Quello che è certo è che mentre i governi cercavano di capire come gestire queste forme di lavoro, gli stessi rider hanno iniziato una battaglia che è arrivata fino alla Procura di Milano che con una maxi inchiesta ha chiesto l’assunzione di tutti i rider delle piattaforme di consegna online.

“Il futuro lo decidono le lotte, abbiamo iniziato anni fa con degli scioperi e boicottaggi perché se fosse diventata una trattativa politica chi fa questo lavoro avrebbe avuto meno voce in capitolo” chiosa Lorenzo del collettivo Riders Union di Bologna.

Credit foto: Luca Zennaro ANSA

Ascolta “Lavorare per gli algoritmi / Prima puntata” su Spreaker.

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.