“Le nostre notti scure albeggiano”: oltre un anno di proteste in Iran

A più di un anno dalla morte di Mahsa Amini le proteste in Iran non si sono spente; la rivolta per le donne, per la vita e per la libertà, continua ed è evidente, anche, dai risultati elettorali.

L’Iran è in lotta per la vita e per la libertà. Le proteste, iniziate a ottobre 2022, non si sono spente per la repressione nel sangue operata dal governo, sono vive e accese, e ce lo dimostra questo inizio 2024. Un dato è quello del primo marzo, giorno in cui si sono tenute le elezioni parlamentari e dell’Assemblea degli esperti. È un caso che si siano tenute insieme, e proprio per questo quelle di quest’anno sono state fondamentali. Solo il 41% degli aventi diritti al voto è andato a esprimere la sua preferenza: è l’affluenza più bassa dalla rivoluzione del 1979.
Sono pochi votanti, il che dimostra lo scontento della maggior parte della popolazione per un certo tipo di politica, ma non solo. Queste elezioni sono state boicottate per volontà. Sono stati i rivoluzionari iraniani a chiederlo, a fronte di una rosa di candidati conservatori e ultraconservatori.
In Iran è l’Assemblea degli esperti a decretare se alcuni candidati siano o meno presentabili alle elezioni, e quest’anno hanno deciso di eliminare tutti i possibili progressisti, impedendo così ogni tipo di cambiamento. I votanti sono stati così pochi che 45 seggi non sono stati ricoperti, e si dovrà andare al ballottaggio tra maggio e giugno. La risposta della popolazione a questo governo è chiara, netta, e dimostra che il fuoco della rivoluzione non si è spento.

Oltre alle elezioni, il 2024 è iniziato con un caso di cronaca che ha mostrato lo stato dei diritti in Iran.

Roya Heshmati, attivista 33enne curda, è stata punita con 74 frustate e con il divieto di lasciare il Paese per 3 anni, a seguito di una foto senza hijab pubblicata sul suo profilo Facebook. Heshmati è un’attivista, una donna che lotta per i diritti propri e di tutte le donne e quando decide di diffondere una sua foto di spalle senza velo, mentre percorre Keshavarz Boulevard a Teheran, è consapevole che va contro le leggi dello Stato in cui vive. Come ne è consapevole il 3 gennaio, quando si presenta presso l’Ufficio del Procuratore del Distretto 7 di Teheran senza hijab, per sentire la sentenza e subire la punizione corporale. L’attivista non si scompone, continua a non voler indossare il velo, neanche quando la obbligano e le intimano che la punizione altrimenti sarà più crudele. Rimane ferrea nella sua posizione, finché una dipendente dell’Ufficio non le infila un hijab in testa, con forza, e…

“L’Ucraina è il campo di battaglia su cui si gioca il futuro dell’Europa”. Intervista a Karl Schlögel

In un’intervista esclusiva rilasciata a margine della presentazione all’Ehess di Parigi del suo nuovo volume in francese sulla guerra in Ucraina – “L’avenir se joue à Kyiv. Léçons ukrainiennes” (“L’avvenire si gioca a Kiev. Lezioni ucraine”) –, lo storico tedesco Karl Schlögel evidenzia l’importanza per l’Europa della guerra di liberazione dell’Ucraina. “È il popolo ucraino, attaccato dalla Russia neo-totalitaria e dal russofascismo, a resistere in prima linea per l’Europa. Combattendo per la sua libertà, difende anche la nostra”.

La Bestia del nuovo fascismo. Intervista a Paolo Berizzi

Paolo Berizzi, giornalista di “Repubblica” che da anni conduce inchieste sul nuovo fascismo, ha recentemente pubblicato per Rizzoli il libro “Il ritorno della Bestia. Come questo governo ha risvegliato il peggio dell’Italia”. Il ritorno della Bestia non coincide con quello del fascismo storico ma con quello di un fascismo nuovo, pop, che però con il primo condivide alcune caratteristiche, le peggiori che l’Italia abbia espresso e continua a esprimere. Ne parliamo con l’autore, che vive da anni sotto scorta in seguito a minacce di gruppi neofascisti e neonazisti.

Libia, un Paese instabile alla mercé degli interessi stranieri

Il 16 maggio 2024 ricorre il decimo anniversario del lancio, da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, dell’offensiva chiamata Operazione Dignità. Con l’occasione ripercorriamo le tappe fondamentali del decennio appena trascorso per contestualizzare lo stato attuale della Libia. O meglio, delle Libie.