MicroMega+ del 5 aprile 2024

Con contributi di: Peter Beinart, Sara Chessa, Manuel Bianco, Francisco Scalese, Anna Paola Lacatena e Fabio Bartoli

Redazione

Questa settimana parliamo di:
Israele e la nuova Nakba, un vecchio progetto; la sentenza sul permesso di appello di Assange; l’attuale governo e la sua incoscienza riguardo il nucleare; Apple Vision e il digitalismo virtuale; le emoji e l’assenza di empatia; 30 anni senza Kurt Cobain.

GAZAIsraele puntava a una nuova Nakba da ben prima del 7 ottobre di Peter Beinart
Nella società e negli ambienti politici israeliani già un anno fa era molto diffuso il parere favorevole all’espulsione in massa dei palestinesi. Lo scempio in corso a Gaza non è una risposta agli attacchi del 7 ottobre: questo articolo, pubblicato il 19 aprile 2023 dalla rivista “Jewish Currents”, ne preconizzava l’attuazione, chiedendosi nel titolo “Israele sta programmando una nuova Nakba?“. La raccolta di numerose dichiarazioni di esponenti dell’establishment israeliano e il disvelamento dei loro piani fa capire che quanto accade oggi a Gaza e in Cisgiordania ha poco a che fare con Hamas.

IL PROCESSO Assange, comprendere la sentenza sul permesso di appello tra legalità e politica di Sara Chessa
Il 26 marzo 2024 i giudici dell’Alta Corte britannica hanno reso noto il verdetto sul permesso di appello, ammettendo quest’ultimo solo per alcuni punti sollevati dagli avvocati difensori e solo nel caso in cui gli Stati Uniti non presentino, entro il 16 aprile, delle rassicurazioni diplomatiche che verranno valutate dai giudici il 20 maggio prossimo. Per comprendere il verdetto è necessario analizzare sia le ultime fasi della battaglia legale sia le specificità del momento politico attuale.

TECNICA E POLITICANucleare di quarta generazione: il giorno della marmotta dell’ultima spiaggia di Manuel Bianco
Con il governo Meloni si è tornato a parlare di nucleare civile. La sensazione è che lo si faccia per ragioni ideologiche e interessi economici e non sulla base di considerazioni tecniche. Queste infatti ci dicono che, nonostante le centrali di quarta generazione saranno certamente “più” sicure di quelle precedenti, l’errore umano o l’evento inaspettato sono sempre possibili e, trattandosi di energia nucleare, una prima volta basta e avanza per avere conseguenze disastrose.

FILOSOFIA DEL DIGITALELa realtà diminuita di Apple Vision di Francisco Scalese
Ogni qualvolta si parla di mondi simulati, come nel caso dell’esperienza promessa da Apple Vision, entra in vigore una specie di riduzionismo empirista, per il quale basterebbe prendere un cervello e collegarlo ad una macchina capace di somministrare segnali elettrici e illuderlo così dell’esistenza di una realtà digitale surrogata. Senza tener conto né delle strutture cognitive pregresse né dell’ambiente in cui tale soggetto si sviluppa.

RELAZIONIRemoti e ridenti: le emoji come simbolo dell’assenza di empatia di Anna Paola Lacatena
Oggi viviamo molto tempo connessi alla rete e tante delle nostre conversazioni si svolgono a distanza. In questo modo di comunicare le emoji la fanno da padrone. Simbolo della comunicazione visiva, le emoji rappresentano una comunicazione che avviene attraverso la vista, uno dei sensi meno coinvolgenti, che ci fa percepire gli altri come lontani. Vittima di questa lontananza è l’empatia, la cui assenza è all’origine di molti fenomeni sociali aberranti in cui l’altro trova spazio se non come oggetto del nostro narcisismo.

IL MITO30 anni fa, il suicidio di Kurt Cobain lasciò in lutto un’intera generazione di Fabio Bartoli
Il 5 aprile 1994 Kurt Cobain si toglieva la vita nella sua villa sul lago Washington. Con la sua band, i Nirvana, aveva incarnato il bisogno di autenticità di una generazione che non si riconosceva e non poteva più riconoscersi negli artefatti anni Ottanta. Il successo planetario giunto con l’album “Nevermind”, unito a problematiche pregresse e personali, aveva però gettato Cobain in una profonda crisi di identità in seguito al tradimento dei presupposti dell’alternative rock. L’album di reazione a “Nevermind”, il grezzo ed essenziale “In Utero”, contiene già all’interno indizi del furioso desiderio di annichilimento del cantante e anticiperà di pochi mesi il suo suicidio. A distanza di trent’anni, di Cobain e dei suoi Nirvana rimangono la musica, l’eredità di un percorso artistico e umano inestricabilmente legati e il lascito di una rivoluzione culturale che aveva catapultato l’alternative rock in una dimensione mainstream.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare dei veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – in vista di quali risultati si vogliono intraprendere quali sforzi.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.