Cile, i 50 anni di un golpe

L’11 settembre 1973 il governo di Salvador Allende, il primo presidente socialista democraticamente eletto della storia, veniva abbattuto dal golpe militare del generale Augusto Pinochet. Ripercorriamo i giorni che vanno dall’insediamento di Allende al colpo di Stato, con un occhio gettato sulle successive sorti dei personaggi che più vi furono implicati.

L’11 settembre del 1973 un golpe militare sostenuto e finanziato dagli Stati Uniti d’America abbatté il governo di Salvador Allende, il primo presidente socialista democraticamente eletto della storia. Accadde in Cile, dove il generale Augusto Pinochet instaurò una dittatura del libero mercato seguendo le ricette monetariste di Milton Friedman e la sua scuola di Chicago frequentata da alcuni cileni dell’alta borghesia fin dai primi anni Sessanta.  

Fino al golpe Pinochet era un personaggio secondario nella storia cilena. Allende non saprà mai che il generale che aveva nominato appena venti giorni prima comandante delle forze armate sarà il traditore principale: “Pinochet non risponde, poverino, lo avranno imprigionato” dirà Allende a uno dei suoi collaboratori in quelle ultime, drammatiche ore, mentre i quattro caccia Hawker Hunter dell’aeronautica bombardano il palazzo presidenziale La Moneda. In quelle stesse ore, con la sua voce stridula, Pinochet dice all’ammiraglio Patricio Carvajal di proporre alla famiglia Allende di lasciare il Cile su un aereo per poi simulare un incidente in volo: “Se mata la perra se acaba la leva”, uccidere la cagna per eliminare la cucciolata.

Il regista cileno Pablo Larraín nel suo ultimo film El conde, il conte, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, rappresenta l’autocrate come un vampiro in lotta da due secoli e mezzo contro il marxismo. “Chi pensava che Pinochet fosse l’eccezione della regola perché il suo regime era economicamente prospero ora ha scoperto, dopo le rivelazioni sugli omicidi, le torture e i milioni di dollari tenuti in conti segreti all’estero che il dittatore cileno al pari di tutti gli altri suoi colleghi latinoamericani era un assassino e un ladro”, dirà Mario Vargas Llosa.[1]

La sedizione

Le minacce ad Allende iniziano prima delle elezioni, ma è a partire dalla vittoria delle presidenziali del 4 settembre 1970, con il 36,6% contro il 35,2% di Alessandri e uno scarto di appena quarantamila voti, che gli Stati Uniti – che avevano già investito molti soldi per sostenere gli avversari del socialista – incrementeranno i fondi per finanziare la sedizione che in due anni farà precipitare il Cile in una drammatica crisi economica.  

Documenti appena declassificati dagli Stati Uniti mostrano il ruolo chiave svolto dal proprietario del quotidiano El Mercurio Agustín Edwards nella preparazione del golpe. Il primo rivela che anche il Presidente Nixon incontrò Edwards alla Casa Bianca il 15 settembre 1970, poche ore prima che ordinasse alla CIA di intervenire in Cile. Il secondo documento racconta di un incontro tra alcuni funzionari della CIA ed Edwards, in cui questi riferisce le richieste dei militari cileni disposti a partecipare al complotto.[2] I dollari americani finanzieranno le violente campagne mediatiche de El Mercurio, che l’indomani delle elezioni intervisterà il Comandante in capo dell’Esercito René Schneider, il quale esprimerà il suo rifiuto a bloccare la ratifica della vittoria elettorale di Allende con un golpe militare. In tutta risposta, il 22 ottobre 1970 un commando di uomini legati al generale Roberto Viaux – che nel 1969 aveva tentato un golpe contro Frei Montalva, el Tacnazo – pagati con trentacinquemila dollari dal governo statunitense, ucciderà Schneider. Henry Kissinger sarà accusato di essere il mandante dell’omicidio.  

Un anno dopo, nel 1971, in un discorso pubblico, Allende sfiderà apertamente i suoi futuri assassini: “Non ho la stoffa del martire, sono un lottatore sociale fedele al compito datomi dal popolo, ma quelli che vogliono far regredire la storia sappiano che non retrocederò mai: solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà di portare a termine il programma”. Una profezia.

Per destabilizzare il Cile democratico, gli USA finanzieranno gruppi eversivi come il movimento di estrema destra Patria y Libertad. Fondato nel 1970 come comitato civico contro l’elezione di Allende, Patria y Libertad si trasformò in un gruppo terroristico sostenuto e protetto da ampi settori dell’esercito e dalla CIA che si scioglierà all’indomani del golpe non prima di aver assassinato, nel luglio del ’73, l’ammiraglio Arturo Araya Peeters, consigliere di Allende.

Fin dai primissimi giorni di vita di Unidad Popular, il cartello allendista composto da comunisti, socialisti, radicali, cattolici sociali, gli Stati Uniti finanzieranno anche il Movimento Gemialista fondato dal membro dell’Opus Dei Jaime Guzmán futuro architetto della costituzione pinochettista,[3] nonché le corporazioni dei camionisti (e dei medici) di Leòn Villarin che bloccheranno il Cile. Del resto il piano FULBET degli USA era di “spremere l’economia cilena fino a che ‘urlasse’”, come dirà Kissinger nel suo libro Gli anni della Casa Bianca (1980): la via democratica al socialismo di Allende rappresentava un precedente pericolosissimo per gli americani. Purtroppo però, al di là della crisi economica e della strategia della tensione, il Paese era realmente spaccato, con la gente in strada ad applaudire i militari golpisti come documenterà, tra gli altri, Patricio Guzmán nel suo La Batalla del Chile.

Sarà però il 4 dicembre del 1972, in uno storico discorso alle Nazioni Unite, che Allende firmerà la sua condanna a morte: “Siamo davanti a uno scontro frontale tra le grandi corporazioni internazionali e gli Stati che subiscono interferenze nelle decisioni fondamentali, politiche, economiche e militari da parte di organizzazioni mondiali che non dipendono da nessuno Stato, non rispondono a nessun governo e non sono sottoposte al controllo di nessun Parlamento e istituzione che rappresenti l’interesse collettivo. La struttura politica del mondo sta per essere sconvolta. Le imprese multinazionali non solo attentano agli interessi dei Paesi in via di sviluppo, ma la loro azione incontrollata e dominatrice agisce anche nei Paesi industrializzati in cui hanno sede”.

Potenza dei simboli, le due Torri del World Trade Center, il Centro del Commercio Mondiale, icone del dominio statunitense, saranno inaugurate proprio nel 1973 (e distrutte da Al Qaeda nell’altro 11 settembre che cambierà il mondo, quello del 2001).

Allende capì con molto anticipo la natura autoritaria del neo-liberismo. Il Cile diventerà un laboratorio per le politiche di deregolamentazione selvaggia poi adottate dai conservatori Thatcher e Reagan, quindi dai progressisti Blair, Clinton e Schroeder.[4]

Le riforme di Allende

Nonostante il razionamento alimentare, l’inflazione altissima, gli scioperi selvaggi, gli attentati a ponti, linee ferroviarie, oleodotti e gasdotti, nei suoi mille giorni Salvador Allende realizzerà una serie di riforme straordinarie, alcune delle quali già avviate dal suo predecessore, il democristiano Eduardo Frei Montalva, come la nazionalizzazione totale del rame, la riforma agraria, la tassazione sulle plusvalenze, la riduzione delle sovvenzioni statali alle scuole private, incentivi all’alfabetizzazione, l’aumento programmatico dei salari, un salario minimo garantito, il prezzo fisso del pane, la riduzione del prezzo degli affitti, la distribuzione gratuita di cibo agli indigenti, l’aumento delle pensioni minime, fino al Sistema de Información y Control detto l’”Internet di Allende”, a cui lavorò anche lo scienziato britannico Stafford Beer. Il progetto Synco nacque per il controllo della pianificazione economica delle imprese di Stato connesse con il governo in tempo reale e, nell’ottobre del 1972, fu prezioso per il reclutamento di lavoratori leali al presidente per trasportare derrate alimentari a Santiago e rispondere così allo sciopero dei cinquantamila camionisti che bloccarono le strade della città. La centrale di comando del governo cibernetico fu allestita nel palazzo presidenziale e distrutta dai militari durante il golpe.

Aria di golpe

Prima dell’11 settembre c’era stato un tentativo di colpo di stato, il tanquetazo, il golpe dei carri armati, promosso dal tenente colonnello Souper il 29 giugno 1973. Guidate dal comandante in capo dell’esercito cileno, il generale Carlos Prats, le truppe leali al presidente repressero la sommossa. Allende intervenne alla radio: “Questa mattina un piccolo gruppo di soldati faziosi ha spezzato la tradizionale lealtà dei militari aprendo il fuoco contro La Moneda, difesa dalla guardia del palazzo. Prats ha risposto con prontezza. Chiedo ai lavoratori di assumere il controllo delle industrie. Se verrà il momento la gente avrà armi, ma io mi fido delle Forze Armate fedeli al governo”. Arrivarono anche i rinforzi del primo reggimento di fanteria guidato dal generale Pinochet, che fece puntare le armi contro i rivoltosi. Il tanquetazo finì con l’abbraccio di Prats e Pinochet e lasciò a terra ventidue persone tra cui il cameraman argentino Leonardo Henrichsen, che filmò la propria morte riprendo un gruppo di soldati ribelli.

Il generale Carlos Prats è una figura centrale nei tre turbolenti anni del governo di UP e la sua lealtà a Allende era mal vista da un settore importante dei militari. Dopo una serie di incidenti che coinvolsero Prats provocati ad arte per logorarlo psicologicamente, una folla composta da mogli di ufficiali cileni e alcuni militari in borghese manifestò violentemente davanti la sua abitazione: lo accusavano di non essere capace di riportare l’ordine anche ricorrendo a un golpe. Il 23 agosto 1973 Prats rassegnò le dimissioni da ministro e annunciò il suo congedo dall’esercito consigliando a Allende di nominare Augusto Pinochet, che considerava leale al governo. La nomina di Pinochet è, di tutta evidenza, fondamentale per il golpe anche perché è a lui che Allende confiderà il giorno in cui avrebbe annunciato il plebiscito per conoscere la volontà del popolo che, il 22 agosto, la Camera aveva accusato il governo di atti incostituzionali e chiesto ai militari di intervenire.

L’11 settembre Allende – seppure avvisato dall’intelligence cubana di un imminente colpo di Stato – non annuncerà il plebiscito: Pinochet lo brucerà sul tempo. Le strade di Santiago e il fiume Mapocho si riempiranno di cadaveri. Migliaia di cileni saranno rinchiusi nello stadio nazionale, torturati, uccisi, fatti sparire: “A volte la democrazia dev’essere lavata con il sangue”, dirà Pinochet.

Durante il bombardamento de La Moneda, Allende farà un discorso che resterà nella storia: “Pagherò con la vita la lealtà al popolo. Hanno la forza, ma i processi sociali non si fermano con il crimine. La storia è nostra e la fanno i popoli. […] Si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore. Queste sono le mie ultime parole, il mio sacrificio sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento”.

La dittatura militare durerà fino all’11 marzo del 1990, quasi diciassette anni di cui dieci di coprifuoco. Pinochet abdicherà dopo aver perso il plebiscito nel 1988.

Il Rapporto Retting ha stabilito che la dittatura ha ucciso oltre 3.500 persone, compresi i desaparecidos, e di aver violato i diritti umani di oltre 40.000 persone (Pinochet commenterà: “I diritti umani sono un’astuta invenzione dei marxisti”).

Titoli di coda

Salvador Allende morirà con l’elmetto in testa durante l’assedio del palazzo presidenziale sparandosi con il kalashnikov regalatogli da Fidel Castro. Era nato nel 1908.

Il generale Carlos Prats e sua moglie saranno uccisi nel 1974 con un’autobomba nel loro esilio a Buenos Aires dalla polizia segreta e dal sicario americano Micheal Townley.

Augusto Pinochet morirà nel 2006 nel suo letto, agli arresti domiciliari, da senatore a vita a 91 anni.

Milton Friedman (1912-2006) vincerà il Premio Nobel per l’economia nel 1976.

Jaime Guzman sarà assassinato nel 1991 dal Fronte Patriottico Manuel Rodriguez.

Eduardo Frei Montalva, dopo aver sostenuto il golpe, sarà avvelenato nel 1982 per la sua opposizione alla costituzione pinochettista.

Michael Townley, classe 1942, è stato condannato per il tentato omicidio di Bernardo Leighton a Roma e per l’omicidio Letelier a Washington. Oggi vive una località segreta negli Stati Uniti sotto falso nome incluso nel programma federale di protezione testimoni.

Henry Kissinger, Premio Nobel per la Pace insieme al vietnamita Le Duc Tho per la composizione del conflitto vietnamita proprio nel 1973, ha compiuto cento anni il 27 maggio del 2023 da uomo libero.


[1] Confessioni di un liberale. Il Foglio – Anno X numero 54 (5/3/05).

[2] Peter Kornbluh, Pinochet declasificado: los archivos secretos de Estados Unidos sobre Chile, Ed Catalonia, 2023.

[3] “25 agosto. Ho ascoltato alla radio un certo Jaime Guzmán e ho avuto i brividi. Le sue parole sono un condensato di fascismo”. Alain Touraine, Vita e morte del Cile popolare, Einaudi 1974.

[4]Nel suo Nothing is sacred. Economic ideas for the new millennium (Mit Press, Cambridge, Massachussetts, 2002) l’economista Robert Barro – parlando del Cile di Pinochet e del Perù di Fujimori – sostiene che la forma di governo auspicabile o almeno compatibile con le esigenze individuali degli attori è una dittatura illuminata, un’autocrazia che contenga, e quando occorre reprima, le istanze sociali, mantenendo illimitate le possibilità del mercato.

CREDITI FOTO: Biblioteca del Congreso Nacional de Chile|Wikimedia Commons

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